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Rischio reale o strategia comunicativa?

Il Concordato Preventivo Biennale (CPB), introdotto con Decreto 13/2024 e ulteriormente chiarito dalla recente circolare dell’Agenzia delle Entrate (n. 9/2025), è oggetto di preoccupazioni per coloro che non vi hanno aderito. La principale problematica, infatti, riguarda la possibilità di maggiori controlli fiscali per chi non ha aderito a questa misura nel biennio 2024-2025.

Ma quanto è concreto questo aumento del rischio?

Cosa dice esattamente la legge?

La norma di riferimento (art.34, comma 2 del Decreto 13/2024) prevede testualmente che Agenzia delle Entrate e Guardia di Finanza “programmeranno maggiore capacità operativa per intensificare i controlli verso chi non aderisce o decade dal CPB”.

La reale portata della norma viene però meglio alla luce con il successivo comma 3 che recita testualmente: “Dall’attuazione delle disposizioni del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le amministrazioni interessate provvedono ai relativi adempimenti nell’ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente”.

Quanto aumenta il rischio reale di accertamenti

Il numero di accertamenti rimarrà quindi presumibilmente lo stesso e si concentrerà, come è ovvio, su chi non ha aderito al Concordato poiché chi vi ha aderito ne è escluso.  Ne consegue che l’aumento del rischio reale dipende dall’incidenza della platea degli aderenti al Concordato, stimata tra il 14 e il 18 per cento dei soggetti, quindi al di sotto del 20% del totale dei contribuenti.

In pratica, dunque, tenendo fermo il numero di controlli questi si dispiegheranno su oltre l’80% dei contribuenti facendo aumentare il livello di rischio in modo scarsamente significativo.

Guardando alla storia recente, casi analoghi si sono già verificati. Ad esempio, con la legge n. 289/2002, che introdusse il condono tombale e altre sanatorie, era previsto un allungamento biennale dei termini di accertamento per chi non avesse aderito.

Anche in quel caso, non si verificò un rilevante aumento dei controlli su quanti decisero di non aderire.

Il tentativo è quello di incentivare l’adesione alla misura da parte dei contribuenti aumentando la percezione di un aumento del rischio di subire un controllo fiscale.

Conviene aderire al CPB, dunque?

La scelta deve essere ponderata attentamente e basata su reali benefici operativi e fiscali, non sul timore di presunti controlli.

L’adesione offre copertura dagli accertamenti analitico-induttivi e presenta vantaggi che devono essere attentamente analizzati. Chi aderisce, infatti, conosce con certezza il proprio carico fiscale nel biennio, un fattore non secondario nel complesso scenario economico attuale.

Conclusione

L’aumento del rischio di controlli fiscali è poco rilevante e non può giustificare da solo l’adesione alla misura. È, quindi, importante valutare la specifica situazione aziendale per verificare che il CPB offra vantaggi concreti alla realtà considerata.

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